sabato, ottobre 05, 2013
Mean petty people
"io non sono razzista ma…"
- non possiamo aiutare tutti
- nessuno aveva chiesto loro di venire
- se fossero rimasti al loro paese, ora sarebbero vivi
- se la sono cercata: non erano obbligati a imbarcarsi su una bagnarola
- è tempo di fermare questa invasione o ci travolgeranno e ci calpesteranno
- non capiscono che qui non c’è posto per loro?
- dobbiamo pensare a noi stessi: prima gli italiani, poi gli altri
- nessuno proclama il lutto nazionale se un italiano si suicida per la crisi
- vengono qui illegalmente per farsi ospitare a sbafo e noi dovremmo dare loro il benvenuto in casa nostra?
- se possono pagare tanti soldi per salire su una carretta scassata perché non restano a casa loro?
Cominciano quasi sempre con la premessa politically correct: "io non sono razzista, ma..." i commenti di chi sta per scaricare sui social network la sua xenofobia elementare e fondamentalmente meschina, non riconosciuta come tale, anzi spacciata con fierezza come professione di buonsenso e sano realismo.
Quando si tocca l'argomento immigrazione, persino dinanzi a una tragedia umanitaria, scatta il riflesso delle paure più profonde, dell'insicurezza personale e sociale esacerbata dalla crisi economica e dall'impoverimento di una nazione declinante.
Sui social network saltano o sono bypassati i filtri di educazione e timore della riprovazione sociale che di solito presiedono le conversazioni vis a vis, per cui sale alla superficie ciò che normalmente non si ama ammettere fino in fondo, ovverosia di vedere nell'immigrato clandestino e nel rifugiato una minaccia, un potenziale saccheggiatore, un concorrente sleale per le stesse risorse fondamentali: il lavoro, la casa, il benessere, il futuro dei figli, la propria identità, il proprio posto nel mondo.
Ed è proprio la paura che il mondo come ce lo rappresentiamo si capovolga sotto il peso dell'ondata di disperati e di ritrovarci nella stessa drammatica situazione di chi si gioca tutto alla roulette del mare pur di avere la speranza di un nuovo inizio a dare il via alla sagra della grettezza ruspante, ai rigurgiti di razzismo strisciante e di malinteso istinto di sopravvivenza, con tanti saluti a quel poco di umanità e di civiltà di cui ci arroghiamo di essere depositari.
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