sabato, maggio 12, 2018

 

Quando in chiesa si pregava Sant'Aronne


Della chiesa citata nel titolo non resta che un po’ di pietrame delle fondamenta a malapena distinguibile nel sottobosco. Apparteneva a un piccolo villaggio medievale, Olevani (od Olàfani), situato in una remota vallata dell’Alta Ogliastra apprezzata dai trekker perché gli impervi sentieri montani conducono a Codula di Luna e a quel paradiso marino chiamato Cala Luna.
Dell’esistenza del villaggio, estintosi tra il XII e XIII secolo per ragioni imprecisate (siccità, carestia, malattie, contrasti con altre comunità) è rimasto appena qualche brandello di notizia tramandato nella memoria orale dei paesi confinanti (Urzulei). Si narra ad esempio che Giorgio, primo vescovo di Suelli canonizzato come santo, abbia sostato a Olevani nella sua avventurosa visita pastorale (XI secolo). Si tramanda anche il nome del santo patrono cui era dedicata la chiesa del villaggio: Santu Aronau.

Come in un’indagine, un nome diventa un indizio che porta ad altro. Aronau, infatti, altri non sarebbe che l’Aronne (Aaron) dell’Antico Testamento, fratello di Mosè e Gran Sacerdote degli israeliti durante l’Esodo.

Santa Romana Chiesa annovera Aronne tra i santi e beati del calendario (festa il 1 luglio), ma anticamente il suo culto in pubblico era una sorta di concessione speciale ristretta alle famiglie ebree che si erano convertite al cristianesimo.
Per deduzione, l’elevazione a santo patrono implicherebbe una consistente presenza israelita a Olevani.

Da dove venivano questi ebrei e perché avevano scelto di vivere in un luogo tanto defilato?

L’unica fonte storica che abbia una qualche attinenza riguarda i 5.000 ebrei di Roma che l’imperatore Tiberio avrebbe fatto deportare sulla costa orientale sarda a seguito di tumulti scoppiati nella capitale.
Gli storici romani tagliano corto sulla sorte di questi infelici, spediti a fare da “cuscinetto” tra le pacifiche popolazioni latinizzate della costa e i “barbari” (barbaricini) dell’interno: sarebbero morti di stenti e di malattia a causa dell’insalubrità dei luoghi.

Per amore di ipotesi, se si volesse credere a una discendenza ebraica tanto prolifica e tenace da perpetuarsi per un millennio, ciò significherebbe che i deportati non erano solo di sesso maschile o che la deportazione abbia coinvolto interi nuclei familiari, dato che l’appartenenza al popolo ebraico si trasmette solo per via matrilineare. Si dovrebbe ipotizzare, inoltre, che la conversione al cristianesimo, avvenuta in epoca imprecisata, non avesse cancellato la consapevolezza delle radici ebraiche.

La presenza di piccole, ma influenti comunità ebraiche nei poverissimi villaggi dell’Ogliastra almeno fino alla messa al bando imposta dai cristianissimi re di Spagna è sempre stata un argomento a metà tra la speculazione di antropologia culturale e la leggenda a causa della totale assenza di documentazione.
La scoperta del culto tributato a Sant’Aronau non sposta gli equilibri, ma d’altra parte il mistero e le domande insolute sono parte integrante del fascino del Medioevo.

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