sabato, settembre 30, 2006
Amarezza
Un Fiume Amaro
C'è un fiume amaro dentro me
è il sangue della mia ferita
ma ancor di più è amaro il bacio
che sulla bocca tua mi ferisce ancora
Lunga è la spiaggia
e lunga è l'onda
l'angoscia è lunga, non passa mai
E il pianto cade
sul mio peccato
sul mio dolore
che tu non sai
E tu non sai che cos'è il gelo
cos'è la notte senza la luna
e il non sapere in quale istante
il tuo dolore ti assalirà
C'è un fiume amaro dentro me
è il sangue della mia ferita
ma ancor di più è amaro il bacio
che sulla bocca tua mi ferisce ancora
(Mikis Theodorakis - adattamento in italiano)
mercoledì, settembre 27, 2006
A state of the mind
(immagine reperita sul sito http://www.art4me.ch)
(...)"e il mio discorso più bello e più denso / esprime con il silenzio il suo senso"
Mogol/Celentano
L’Arcobaleno
Ma tutto questo Alice non lo sa...
Da cinque giorni ho l’inusitato piacere di trovarmi con la linea telefonica domestica isolata. A mia insaputa, un solerte tecnico di Telecom Italia è intervenuto tra venerdì e sabato scorsi per spianare la strada al mio destino - immancabilmente magnifico e progressivo - di utente diesselleizzato.
Piccolo, insignificante dettaglio: manca tutto il resto, ovverosia il modem combo e il sedicente CD ROM autoinstallante, a suo tempo promessi ma ancora non pervenuti, nonché la prova sul campo che cotante prodigiose carabattole siano in grado di interagire con il mio permalosissimo iMac 400 Graphite.
Morale della favola, informa parenti, vicini e amici che:
a) talvolta persino il sottoscritto è in casa e non ai rave party organizzati dal Club delle Pancere Scucite;
b) che no, non è vero che sono diventato talmente pigro e bolso da essere inabile a sollevare un cazzillo di Dect dalla sua basetta. Magari sono incapace di pronunciare frasi di senso compiuto, ma questo è tutto un altro paio di maniche;
c) che se anche l’interlocutore ottiene il segnale di libero non significa che il mio telefono stia squillando, tanto meno è la prova che io sia occupato in sessioni di sesso bizzarro con Alice, lo Stregatto e la Regina di Quadri;
d) che non è il caso di sguinzagliare le peggiori fantasie horror e chiamare nell’ordine i Vigili del Fuoco, il 118 e l’esorcista paventando chissà quali scenari da tregenda, tipo io che giaccio riverso in posa da antico pompeiano mentre nell’appartamento grava una nebbia tossica provocata da me medesimo dopo una tragica abbuffata a base di legumi e mozzarelle scadute.
Per ora il mio futuro non è in linea, chiuso com’è in una scatola avvolta con il nastro rosa.
Ha tutta l’aria di essere un pacco, ma lo scopriremo solo vivendo.
domenica, settembre 24, 2006
The Smoking Pipe:
Quieto vivere?
Nel numero di settembre del mensile Riza Psicosomatica è stata pubblicata una stuzzicante indagine sulla capacità degli italiani di dire NO condotta su un campione di 1.000 connazionali d’età compresa tra 25 e 65 anni.
A quanto pare, la tempra necessaria a pronunciare un NO è divenuta merce rara, se è vero che 6 italiani su 10 scelgono di “abbozzare”, d’essere irrimediabilmente e indefettibilmente proni davanti a qualsiasi richiesta avanzata da partner, prole, genitori, suoceri, amici, colleghi e superiori gerarchici.
OK, chi è senza peccato scagli la prima pietra, ma per quale motivo a volte è tanto difficile esprimere anche il più garbato e sensato dei dinieghi?
Nelle motivazioni-tipo che seguono ognuno di noi potrà trovare una o più risposte ai suoi NO mancati:
a) perché si aspira a una vita tranquilla, senza scossoni, alla larga da discussioni, polemiche o contrasti ansiogeni
b) per pura pigrizia
c) per la vergogna di doversi esporre in prima persona
d) per timore di essere fraintesi, derisi e messi a tacere
e) per paura di essere giudicati scortesi o maleducati
f) perché il senso del dovere e la mistica del sacrificio prevalgono sui desideri personali.
Quante volte dopo aver detto sì, aver chinato il capo, essersi accodati docilmente al branco ci si è sentiti alla stregua di patetiche merdine, frustrati, fessi, vigliacchi, bugiardi, leccapiedi?
Ognuno, credo, ha la sua privatissima collezione di memorabilia in tal senso. Dipende poi dal carattere del singolo riuscire a convivere più o meno serenamente con queste piccole o grandi debacle dell’autostima.
Un ultimo aspetto dell’articolo di Riza Psicosomatica mi è sembrato degno di nota: quando e perché gli italiani riscoprono l’orgoglio e il piacere di disubbidire, di pronunciare un sonoro nossignore.
Si tratta, in genere, di situazioni estreme, dove gli spazi per disimpegnarsi o trattare sono esauriti, quando si acquisisce la consapevolezza di non avere più nulla da perdere e ci si può permettere il lusso di uno schizzo di perfidia, del togliersi il sassolino dalla scarpa, dello scatto d’orgoglio o dell’insubordinazione clamorosa.
Mmmh... con il dovuto rispetto, queste forme di resipiscenza e di riscatto morale in extremis mi fanno pensare a certe discusse medaglie al valore ancora fresche di conio.
domenica, settembre 17, 2006
The Smoking Pipe:
Miscellanea
La sottile linea del rosso
L'esposizione debitoria di Telecom Italia è una storiella edificante su come, a certi livelli, sia possibile compiere scalate in borsa totalmente a credito, cioé senza cacciare una lira - oggi euro - pronto cassa.
Nel 1999, la Olivetti di Roberto Colaninno e i suoi baldi alleati della "razza padana" non dovettero fare i salti mortali per racimolare i 60.000 miliardi di lire necessari a prendere il controllo di Telecom Italia.
Così come, nel 2001, la Pirelli di Marco Tronchetti Provera e la Edizione Holding (Benetton) non trovarono certo sotto il cavolo i 120.000 miliardi di lire serviti a convincere Colaninno & friends a cambiar aria.
In entrambe i casi, i nostri acclamati capitani d'industria ottennero generosissime linee di credito dalle banche.
Che poi sono le stesse banche che ai comuni correntisti riconoscono interessi attivi risibili, che fanno scattare l'allarme rosso per uno scoperto di pochi euro, che sono capaci di aggrapparsi ai peggiori cavilli pur di far pagare ancora la chiusura di un conto.
Mr. Domineiddio
Sto invecchiando senza diventare saggio. Infatti, ancora non mi capacito dell’ignoranza e dell'incredibile arroganza di quanti pretendono di saper interpretare e applicare alla lettera la volontà del Creatore.
Uomini che credono di compiacere Dio e di acquisire meriti ai suoi occhi spargendo il sangue degli innocenti.
Uomini che si proclamano strumenti della giustizia divina in questo mondo imponendo il terrore e l’intolleranza verso il prossimo, lo straniero e il pagano.
Uomini che si arrogano il diritto di inculcare il timor di Dio con la violenza pubblica e privata, che pretendono il rispetto universale senza concedere nulla alla diversità altrui.
Nella mia limitata intelligenza e cultura voglio credere che Domineiddio non sia andato altrove dopo aver ispirato i più importanti testi sacri (o sedicenti tali) e che non si compiaccia affatto allorché le sue parole vengono manipolate, citate, portate ad avvallo di spietate mattanze o di giochi di potere.
Voglio pensare che Dio abbia scelto di essere cercato nel silenzio dell'anima, che si riveli ancora oggi agli umili di cuore, a chi comprende di essere tanto piccolo, fragile e di passaggio su questa terra da usare verso il prossimo un po’ di quella comprensione e di quella misecordia che sarà chiamato a chiedere al Creatore.
Il rabbino e le formiche
Mi è tornata in mente una forma molto particolare di devozione religiosa descritta nel romanzo "Horovitz e Mrs.Washington".
Nel libro in questione si cita un pio rabbino di New York che usciva di casa calzando scarpe ornate di minuscoli sonagli.
A chi gli chiedeva conto di tale bizzarria, l'anziano rabbino rispondeva, serafico, che il rispetto per la vita di ogni creatura di Dio gli imponeva di avvertire le formiche del suo passaggio affinché avessero il tempo di scansarsi.
mercoledì, settembre 13, 2006
...
Il pensiero s’insinuò piano, balenò per un attimo e attese.
Come un motivo dimenticato, appena accennato a labbra strette, rubò le parole al coraggio degli angeli; alla follia del diavolo chiese la forza di diventare voce.
Fu poco più di un sussurro, e subito s’infranse. Troppo grande il dolore di lei perché non imponesse il silenzio sferzando, infierendo senza misura.
Una fiammata, una sola gelida fiammata e nella notte le parole caddero inerti come un aquilone reciso. Rimasero bene in vista per irridere ed essere maledette, remote e inaccessibili per non poter essere ritrattate.
lunedì, settembre 11, 2006
Noi, i blogger della porta accanto
sottotitolo: pensavo fosse pizza, era una portaerei
È passata la mezzanotte in una Milano che si è appena lasciata alle spalle un sudaticcio vernerdì di settembre. Mi sono allontanato di qualche passo dall’uscita di sicurezza del locale per accendere la pipa quando l’ennesimo scoppio di travolgente, tumultuosa ilarità mi spinge a dare un’occhiata all’interno. Sorrido di cuore scorgendo al tavolo Supercopy, Orsocapriola e Fata Titania letteralmente piegate in due dalle risate.
Questo flash notturno, fresco e aromatico come menta in un mojito, è l’immagine che in assoluto preferisco tra le tante di una bella serata trascorsa in compagnia di alcuni blogger della porta accanto.
Potrei raccontare della serena laconicità di CavaliereInesistente, di Orsocapriola che da sola tiene impegnate tutte le zanzare di Porta Ticinese, dello stupefacente talento camaleontico di Fata Titania o di Supercopy che analizza il menù come fosse una presentazione in PowerPoint.
Potrei, forse, ma temo che i relativi dettagli siano andati persi, fagocitati dal buco nero digestivo indotto da pizze su per giù delle dimensioni di cabine armadio.
Ecco allora che tornano, vividi, i ricordi di discorsi sciolti, di confidenze e preoccupazioni condivise con naturalezza, di tre belle ragazze che scherzano e si divertono come se si conoscessero da una vita.
La buona compagnia può fare a meno di effetti speciali.
martedì, settembre 05, 2006
Sbatti il gatto in prima pagina
Da un po’ di tempo a questa parte ricevo le visite notturne (ora anche diurne) di un superbo esemplare di gatto adulto che, evidentemente, ha decretato motu proprio di annettere l’intera agenzia ai suoi domini personali.
Clone vivente di Felix, Sua Felinità non conosce orari, non si degna di annunciarsi miagolando e tanto meno s’abbassa a pietire cibo o attenzioni: lui si limita a zampettare - regale e circospetto - sul parquet dopo essere penetrato dalla finestra socchiusa. Ovviamente non saluta quando ha esaurito la sua insondabile curiosità gattesca, per cui non è da escludere che consideri la mia presenza alla stregua di un’inevitabile scocciatura o di un buffo complemento d'arredamento.
A causa sua non posso più sostenere di “restare solo come un cane” quando tiro tardi seduto davanti alla scrivania.
P.S. L'immagine del gatto è una gif animata: cliccateci sopra se volete amminare il manigoldo all'opera :-)
lunedì, settembre 04, 2006
The smoking pipe
L'intervista in coppola
Il Senatore Marcello Dell’Utri è personaggio di solide letture, tanto colto quanto sagace e terribilmente concreto. Da deus ex machina aduso a gestire le leve del potere, l’Onorevole Dell’Utri preferisce gli spazi di manovra concessi da un basso profilo alle strettoie dell’esposizione mediatica. Complice anche il clamore non richiesto delle vicende giudiziarie che lo condussero a essere domiciliato pro tempore presso la Casa Circondariale di Canton Vesco (Ivrea), il Senatore forzaitaliota centellina le sue dichiarazioni prediligendo in ogni caso i toni felpati, le punture di spillo celate sotto dotte citazioni, il parlare a nuora perché suocera intenda.
Stupisce, perciò, l’inconsueta ruvidità tranchant e gli ammonimenti trasversali contenuti nell’intervista concessa al cronista del Corriere della Sera a latere del convegno Ambrosetti di Cernobbio.
Forse infastidito dalla mancanza d’originalità delle domande sul prossimo provvedimento governativo sul conflitto d’interessi, l’uomo che nell’ombra ha forgiato Pubblitalia facendone un mulino che macina utili e consensi è insolitamente mordace quando spara a zero sulla miopia politica di quanti - incluso Romano Prodi - hanno “interesse al conflitto” e mirerebbero esclusivamente a conculcare il diritto di Silvio Berlusconi all’elettorato passivo.
Specialmente in alcuni passaggi velatamente minacciosi, si ha la netta impressione che - toccato nella inossidabile amicizia che lo lega al Cavaliere - il senatore di Forza Italia si estranei dal rileccato contesto lariano di Villa Erba e intinga la lingua direttamente negli umori sulfurei della Vigatà di Camilleri.
Coloriture giornalistiche a parte, sopra l’impeccabile doppiopetto di taglio sartoriale dell’onorevole azzurro sembra quasi far capolino la più rustica delle coppole. Potenze dell'amicizia.