venerdì, dicembre 20, 2013

 

Hasta la próxima



buone feste


(image credits: Danny VB on Flickr)

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domenica, dicembre 01, 2013

 

Avanzi di stagione



La decadenza

Nei giorni scorsi, l'epilogo della procedura di decadenza da senatore della Repubblica nei confronti di Silvio Berlusconi ha fatto parlare alcuni di ritorno del Paese alla normalità. Pur avendo sempre visto il Cavaliere di Arcore come il fumo negli occhi e considerando più che corretta l'applicazione della Legge Severino, non mi sento di sposare interpretazioni tanto ottimistiche.

Immaginate il raccontino che segue, volutamente fuori dal tempo, recitato sul palcoscenico da un attore nei panni di un personaggio popolaresco.

mask of Tecoppa
Conoscevo una donna - gran bella donna anche se non più nel fiore degli anni - che da un giorno all’altro smise di uscire di casa se non per fare la spesa, di fretta, alla bottega più vicina.
Sapete, la poverina si vergognava assai perché aveva un problema: sulla natica destra le era spuntato un gran bubbone che le doleva giorno e notte, impedendole di star seduta, di dormire e rendendole penose persino le funzioni corporali.

Il bubbone diventava più grosso di giorno in giorno, insensibile alle pomate e alle medicazioni che la poverina provava ad applicare. Una volta tentò pure d’inciderlo per farlo sgonfiare, ma appena lo toccò con la punta dell’ago il dolore fu tale da farla stramazzare a terra priva di sensi.

Allora lei cercò di scendere a patti, ma il bubbone - che era d’indole maligna e provava gusto a comandare - prima pretese che la natica non fosse mai più toccata né lavata, poi che la donna restasse stesa sul letto a pancia in giù con le natiche scoperte affinché lui potesse sbrigare certi suoi affari con comodo e alla luce del giorno. Ogni nuova richiesta che le giungeva attraverso certe venuzze del sedere era giustificata ricordandole, a mo' di avvertimento, che dal benessere del bubbone dipendeva quello di lei.
Il maledetto aveva pure figliato una corona fitta di pustole che, rese spavalde dalla vicinanza e dal potere di cotanto padre, davano il tormento all’infelice quando il loro signore riposava o si sollazzava nel pus.

Passarono così vent’anni, finché un giorno la poveretta incespicò tornando dalla bottega e si ruppe malamente una gamba. Il dottore che la visitò venne a sapere della triste storia e, da uomo pratico e di scienza, non ebbe esitazioni: fatta addormentare la donna con l’etere, nettò la natica dalle croste e dallo sporco, disinfettò per bene e con il bisturi asportò la zona infetta, scavando finché la carne viva non apparve totalmente sana.

Trascorsero i lunghi giorni della convalescenza e quando lei fu nuovamente in grado di camminare, poté fare i suoi bisogni senza fastidi, come tutti i cristiani di questo mondo. Passando davanti allo specchio, finalmente sorrise soddisfatta e felice. Era la prima volta che le capitava di sorridere da quando era iniziato il suo tormento. Fu allora che con sgomento si accorse che i denti, trascurati a causa del bubbone, erano diventati guasti e tremolanti.

La morale della storia, amici miei, è che questa è la vera decadenza: una nazione che si è piegata all’immoralità fatta sistema non se ne libera facilmente e a poco prezzo.
Vecchi amici che tornano

Circa 2 settimana fa, proprio nel bel mezzo di un picco di lavoro, la batteria e il caricabatteria del mio Macbook hanno dato forfait. Speravo di tirare avanti almeno fino all’arrivo della tredicesima per acquistare i pezzi di ricambio: è andata diversamente.
Dato che l’IT aziendale aveva libero solo uno sfiatato notebook con Win XP reduce da troppi passaggi di mano, ho rimesso definitivamente in pista l’iMac usato a casa fino al 2009, con 14 anni di servizio sul gobbo ma ancora in ordine di battaglia.

Site Studio MacCome prevedevo, riacclimatarsi ai ritmi compassati e ai limiti del vecchietto è stato un trauma.

Poco male per i video su Youtube in modalità “fermo-immagine” perché si sopravvive anche senza. I problemi più seccanti sono altrove. Ancora oggi finisco invischiato nella melassa (termine di mio conio) perché dimentico che tenere aperte in contemporanea 3 o 4 applicazioni manda in apnea la RAM, che chiama in suo soccorso il disco rigido.
Per non parlare di quando mi tocca aprire il pachidermico OpenOffice 3, che è di una lentezza esasperante sull’iMac, per “passare in lavanderia” i testi prodotti con le vecchie versioni di TextEdit, Mariner Write o Bean. Questi ultimi sarebbero perfetti, leggeri e scattanti come sono, non fosse per un difetto congenito di cui non riesco a venire a capo: quando passo i file ai colleghi, MS Word attiva automaticamente il dizionario INGLESE per il controllo ortografico, il ché vuol dire che sui loro schermi il 90% del testo appare segnato come errato o non riconosciuto.

Pian piano, però, sto riappropriandomi di abitudini dimenticate e richiamo dal passato vecchi compagni di strada. Gli ultimi arrivi in ordine di tempo sono Cog, uno smilzo lettore mp3 che fa le veci del massiccio iTunes, e Site Studio, che nella mia lontana stagione di web-designer amatoriale e creatore di contenuti mi ha dato più di una mano d’aiuto.
Ho messo in funzione la mia piccola macchina del tempo e, finché l’iMac regge, è un passatempo divertente tra un lavoro e l’altro.

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