mercoledì, gennaio 31, 2018
Il fiume Lete
Tra le amicizie solo virtuali e quelle reali c’è un abisso. Le prime pagano in mancanza di profondità il loro essere parziali, poco ingombranti e facili da recidere, prive di fatica e di autentica dedizione reciproca.
Però anche nel virtuale ti imbatti in persone speciali, per cui provi stima sincera. E quando il loro tempo è prossimo a esaurirsi ti metti in disparte in segno di rispetto verso la persona e l’intimità di chi ha autentici motivi per piangerla; torni a essere fatto di byte temporaneamente parcheggiati nella partizione di qualche server.
La vicinanza virtuale in questi casi si rivela più fragile ed eterea di questa nostra vita fatta della stessa materia dei sogni, come Shakespeare fa dire a Prospero.
Così, per quanto possa sembrare irrazionale, nelle ultime ore ho vissuto con afflizione, restando a distanza, la decorso terminale di un mio contatto “speciale”, non sapendo se sperare in un improbabile “segno di Giona” o che tutto si compia come un transito senza affanni all’altra sponda del fiume Lete.
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domenica, gennaio 28, 2018
ONG e la strategia di avvelenamento dei pozzi
Adesso che i conti di chiusura d’anno sono definitivi, le ONG possono constatare gli effetti devastanti prodotti dalla campagna di discredito subita nel corso del 2017: le donazioni da privati nel nostro Paese hanno subito un calo stimato tra il 5 e il 10%.
Si tratta di una batosta non indifferente, ben superiore alle fluttuazioni fisiologiche. Quel che fa più male, al di là dell’entità contabile e dei riflessi sui progetti e programmi di cooperazione internazionale, è che il flop nella raccolta fondi rispecchia un mutato atteggiamento degli italiani nei confronti delle ONG, che scontano e continueranno a scontare anche nel 2018 un’immagine sporcata dall’accusa infamante di essere state complici e addirittura al soldo degli scafisti.
È difficile non pensare a un piano accuratamente preparato. Per ridurre l’interferenza umanitaria delle ONG che si frapponeva alla strategia di chiusura e militarizzazione delle frontiere UE bisognava agire in modo indiretto e bastonarle nel loro punto sensibile: la credibilità agli occhi dell’opinione pubblica e dei donatori privati.
Una tattica di “avvelenamento dei pozzi” iniziata a fine 2016 mettendo in circolo dossier riservati di fonte Frontex in cui si ventilavano collusioni tra le attività delle navi noleggiate dalle ONG per il salvataggio a mare e la malavita che gestisce il traffico di immigrati.
Non accuse precise e circostanziate, solo sospetti e indizi disseminati ad arte, ma sufficienti a sensibilizzare una Procura della Repubblica: quella di Catania.
Ed è proprio il Procuratore etneo Carmelo Zuccaro, sino ad allora segnalatosi per riservatezza e misura nelle dichiarazioni, a fare esplodere la bomba parlando pubblicamente dell’apertura di indagini volte ad appurare se le ONG fossero finanziate dai trafficanti di migranti.
Da allora la campagna di discredito conosce un crescendo, cavalcata non solo - com’era prevedibile - dalla forze politiche di Destra ed Estrema Destra che hanno fatto dell’allarme invasione e del nazionalismo xenofobo la loro arma di propaganda, ma anche in modo più sfumato e opportunista dai media e da partiti e movimenti sia all’opposizione che al governo.
Nell’estate 2017 le ONG sono pubblicamente messe alla gogna e si arriva al capolavoro tattico del Ministro degli Interni Marco Minniti che impone l’aut-aut: o firmare un accordo vincolante e accettare di essere messe sotto tutela oppure essere escluse dalle operazioni di rescueing.
In quelle condizioni cercare di ristabilire la verità, di raccontare cosa stava succedendo di fronte alle coste libiche, delle norme e delle procedure che regolano le operazioni di salvataggio a mare è stato utile come cercare di svuotare un pozzo con un ditale da cucito.
Non c’è che dire: al netto dei difetti delle ONG e di eventuali errori compiuti durante le frenetiche operazioni di salvataggio a mare, se qualcuno voleva che le ONG si mettessero a cuccia c’è perfettamente riuscito.
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