sabato, agosto 30, 2008
Ma che bel castello....
...marcundiro-ndiro-ndello!
Scegliete voi, perché io sono troppo indeciso e troppo nauseato: chi ieri infamava Romano Prodi e oggi tesse le lodi del governo in carica per il secondo, annunciato “miracolo” della sua gestione, la salvezza dell’Alitalia, merita il premio “La faccia come il culo” oppure va messo alla gogna con tanto di mordacchia, così che non possa pronunciare ulteriori stronzate?
Non starò ad annoiarvi con il riepilogo delle puntate precedenti del pateracchio Alitalia. A me brucia, piuttosto, la gigantesca sola che ci vuole rifilare la Santa Alleanza tra un governo arruffone, un advisor come dire...un po' “particolare” come Intesa SanPaolo e la cordata dei capitani d’industria italiani guidata da Roberto Colaninno.
Tanto per dire, a me puzza parecchio un dettaglio abbastanza trascurato nei commenti letti in questi giorni.
Ricordate AirOne, la compagnia aerea del marchigiano Carlo Toto, già partner della tedesca Lufthansa? Sì, proprio quella AirOne che si era fatta avanti come concorrente di Air France nella gara per l’acquisizione di Alitalia.
Ebbene, AirOne sarà integrata in Alitalia e ne seguirà le sorti nella CAI, la NewCo depurata dai debiti.
Sapete chi era il partner finanziario di AirOne nel tentativo di acquisto di Alitalia? Ma che domande... Intesa SanPaolo.
Fin qui niente di strano, o quasi. Il bello è che Intesa SanPaolo compare anche nella lista degli istituti bancari europei che hanno finanziato con linee di credito milionarie l’acquisto degli aerei della flotta AirOne da parte delle "scatole cinesi" che il Gruppo Toto ha pensato bene di creare a Dublino per motivi fiscali.
In totale, nella verde Irlanda la holding marchigiana avrebbe accumulato debiti per qualcosa come 1,1 miliardi di Euro - non proprio noccioline - garantiti dagli aeromobili AirOne e da quote azionarie delle società dublinesi.
Va da sé che fosse interesse di Intesa SanPaolo - ma anche di Unicredit, Morgan Stanley, Bayerische e altri - che la gallina AirOne restasse viva e capace di sfornare utili. Meglio ancora, far crescere la quota di mercato detenuta da AirOne unendola con quella di un’Alitalia operativamente ridotta a un bonsai, ma “provvidenzialmente” liberata dal suo debito monstre.
Il matrimonio tra AirOne e Alitalia che non si era potuto celebrare per colpa dei francesi, dunque, “s’aveva da fare”, perché così si sarebbero potuti prendere i classici due piccioni con una fava.
Bisognava solo trovare il modo di rendere il piatto appetibile ai “capitani coraggiosi” del capitalismo italiano. A questo hanno provveduto il piano del sagace Corrado Passera e il beneplacito del Premier, interessato a dimostrare di non essere un fanfarone dopo le dichiarazioni fatte in campagna elettorale.
Ora il trappolone si è messo in moto e sarà difficile fermarlo.
Sorride Intesa SanPaolo, che ha portato a termine due imprese impossibili in una; sorride il Governo che può vendere il salvataggio di Alitalia come merito suo e ha ulteriormente rinsaldato l’asse con Confindustria; sorride sotto i baffi la cordata degli imprenditori al pensiero che il sacrificio finanziario di oggi sarà adeguatamente monetizzato al momento di passare la mano a un’acquirente estero (Air France è già alla porta).
Sorridono molto meno i sindacati, che si rendono conto di essere stati tagliati fuori e che dovranno vedersela con il commissario governativo che liquiderà la BadCo.
Schiumano di rabbia le compagnie aeree low cost, che devono fare i conti con un giocatore inaffidabile che cambia a piacimento le regole della partita, mentre l’Unione Europea per ora tace, ma è prevedibile che le deroghe alla Legge Marzano sulle concentrazioni di mercato non passeranno sotto silenzio.
Non parliamo poi di cosa stanno provando gli oltre 5000 dipendenti Alitalia appesi alla fumosa promessa di essere prima o poi ricollocati alle poste o negli enti pubblici, alla faccia dei tagli di personale, del blocco delle assunzioni, dei disoccupati e dei giovani in attesa di occupazione.
E noi? Suvvia, non abbiamo motivo di tenere il broncio. In fondo, cosa sarà mai quell'obolo di 50 Euro che, secondo alcuni, tutti gli italiani saranno obbligati a versare per le sorti magnifiche e progressive della CAI (Compagnia Aerea Italiana)?
Mica ci hanno chiesto di donare l’oro alla patria.... per ora.
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martedì, agosto 26, 2008
Caucazoo
“Vieni avanti, cretino!”
Se non fosse irriguardosa e ingenerosa, la battuta-tormentone che apriva gli sketch del duo Carlo Campanini-Walter Chiari nei panni dei Fratelli De Rege si adatterebbe al Presidente della Georgia Mikheil Nik'olozis dze Saakashvili dopo l’esito disastroso della campagna militare nell'Ossezia del Sud.
In verità non credo affatto che il populista Saakashvili sia un ingenuotto o una mammoletta, anzi lo reputo un leader autoritario, scafato e provvisto di una folta moquette sullo stomaco, allenato a giocare d’azzardo sui tavoli della geopolitica e a maneggiare bene le armi della propaganda.
Ma allora perché mai un tipetto tosto come Mikheil Nik'olozis ha imbarcato sé stesso e la Georgia in un’avventura suicida come il pestare una volta di troppo i calli della Federazione Russa?
Mi permetto di non prendere in considerazione quanto sussurrato da voci maligne, e cioè che l'offensiva scatenata dall'esercito georgiano sia un favore fatto a Emilio Fede per consentire al Direttore del TG4 di riprovare quel particolare doping da adrenalina che sarebbe “meglio di una scopata” (ipse dixit).
Forse si avvicina un pochino di più alla verità il desiderio del leader georgiano di regolare alla svelta i conti con i secessionisti osseti consigliati, assistiti e protetti da Mosca.
Basta sbirciare la cartina e si noterà come la piccola Ossezia del Sud sia un cuneo da cui è possibile spaccare in due la Georgia o arrivare a Tbilisi, ma soprattutto dal quale si può tenere comodamente sotto tiro il percorso della pipeline che porta il gas naturale e il petrolio del Caspio sino al Mar Nero e alla Turchia.
Non è un caso che mentre la marina militare russa sigillava il porto di Poti, l’artiglieria e l’aviazione di Mosca bersagliavano alcune aree tutto intorno all’oleodotto evitando scientificamente di centrarlo. Si è trattato di un sonoro avvertimento firmato Vladimir Vladimirovic Putin e recapitato ad Ankara e Washington DC: “Signori, non fate affidamento su quel vanesio chiacchierone dell’amico georgiano. Non si fanno i conti senza l’oste, e quell’oste sono io”.
Tuttavia ciò che probabilmente più ha pungolato Saakashvili a dare fuoco alle polveri sono stati seri problemi interni (economia, conflitto con le opposizioni, pressioni autonomistiche di altre minoranze etniche).
Come è successo svariate volte volte in passato, in simili frangenti i governanti disinvolti e populisti tendono a pescare dal mazzo un diversivo azzardato, ma anche capace di ricompattare l’opinione pubblica intorno alla bandiera e al “commander in chief”.
Per questo motivo è possibile che, sebbene ridimensionato dalle sberle ricevute da Mosca, Mikheil Nik'olozis dze Saakashvili ce la faccia a conservare la poltrona più importante di Tbilisi.
Io, mammeta e Bush
Dalla crisi agostana nel Caucaso escono suonati anche George W. Bush e la NATO, impotenti a fare di meglio per il corteggiatissimo e utile alleato georgiano del ringhiare a mezzo stampa.
“La reazione russa è sproporzionata e inappropriata” ha tuonato Washington: fine delle trasmissioni. Non sapremo mai se al Cremlino qualcuno abbia rispolverato per l’occasione un’antica perla di saggezza di Umberto Bossi, che un bel giorno liquidò come “una scoreggia nello spazio” l’effetto delle critiche di un suo ex consigliere.
A Leonid, con affetto
Anche se organizzare la scampagnata dell’esercito in Georgia è costato caro alle casse della Federazione Russa, Medvedev e Putin incassano un sonante successo militare, strategico e di immagine in un’area da sempre “calda” come il Caucaso.
Mosca ha dimostrato con la forza di saper proteggere i propri interessi e di essersi lasciata definitivamente alle spalle il marasma e il complesso di inferiorità dei tempi di Boris Eltsin, anche se la cosa era visibile da tempo con le operazioni militari condotte in Cecenia, Circassia, Ossezia del Nord e Kabardino-Balkaria.
La pressoché scontata annessione alla Federazione dell’Ossezia del Sud e dell’Abhkazia a spese della Georgia da un lato ratifica il ritorno di Mosca alla dottrina della sovranità limitata elaborata giusto 40 anni fa dal Compagno Segretario Leonid Il'ic Brezhnev per giustificare l’invasione della Cecoslovacchia, dall’altro rappresenta un gioco non privo di rischi.
La Federazione Russa, infatti, all’interno reprime con durezza i movimenti separatisti e i conflitti etnico-religiosi, ma si dimostra assai spregiudicata quando si tratta di indebolire o “spuntare le unghie” di ex alleati o vicini indocili.
Qualcuno dirà “È la politica, bellezza”. Vero, ma ciò che viene messo alla porta potrebbe anche rientrare dalla finestra, come dimostra quanto accadde qualche anno fa a Beslan, una tranquilla cittadina dell’Ossezia del Nord... .
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sabato, agosto 23, 2008
Ritagli dalle vacanze
La scuola che è stata e quella che sarà
Rieccomi dopo due settimane di silenzio trascorse non solo a recuperare energie, ma anche a fare due cosette importanti: stare tutto il giorno con i bambini e seguirli nei tediosi (per loro) compiti delle vacanze.
Sono un po’ preoccupato per il loro rientro a scuola. Alla faccia di chi sostiene che le scuole al sud funzionano male, i miei pulcini si trovano a dover colmare il ritardo accumulato rispetto ai loro coetanei arburesi.
Soprattutto Sara, la più grande, dovrà rassegnarsi a mettere sul serio la testa sui libri perché in alcune materie, specialmente la lingua francese, ha una preparazione a dir poco impalpabile.
All’inizio dello scorso anno scolastico ci avevano descritto la scuola media del quartiere come una delle più quotate e selettive di Sesto San Giovanni e, sulle prime, avevamo temuto che l’impatto per Sara sarebbe stato duro. In effetti, l’ambientamento e l’affiatamento con il resto della classe sono stati tutto meno che una passeggiata.
Dalla fine del primo quadrimestre, però, io e Toniella ci siamo sentiti sempre più degli extraterrestri - e siamo stati trattati come tali - perché ciò che riscontravamo aiutando Sara nei compiti e nella preparazione delle interrogazioni non corrispondeva al quadro di didattica efficiente e di classe ottima dipinto dai docenti e dagli altri genitori.
Inizio a incrociare le dita.
Carta straccia e carte bollate
In vacanza ho ripreso la vecchia abitudine di uscire presto la mattina per una passeggiata e leggere il giornale.
Lo sfoglio mattutino dell’Unione Sarda, il quotidiano più diffuso in Sardegna, è un esercizio davvero salutare: ti consente di tornare a casa con il giusto livello d’incazzatura, visto che la linea politica è smaccatamente a favore del PDL ed è palpabile l’avversione viscerale nei confronti di Mr.Tiscali, Renato Soru, attuale Presidente della Regione Sardegna.
Potete immaginare come L’Unione si sia divertita a rigirare il coltello nella piaga raccontando i dettagli della querelle che ha spaccato in due il Partito Democratico sardo, con tanto di ricorso al giudice per far invalidare l’elezione del neo segretario Francesca Barracciu, in quota all’area Soru del PD. Roba da far venire i crampi al fegato anche a uno come me, non esattamente tenero nei confronti di Veltroni e del PD in generale.
The Brunetta Effect
Tra le star dell’estate c’è anche lui, il sosia di Piero Chiambretti divenuto Ministro della Funzione Pubblica, al secolo Renato Brunetta.
La solita Unione Sarda mi ha informato di come il fustigatore dei lavativi annidati nella Pubblica Amministrazione sia accolto ovunque vada con ovazioni da stadio ancor prima che spiccichi parola.
Del governo Berlusconi si può dire tutto il male possibile, ma non che sia incapace di pianificare e attuare campagne mediatiche di grande effetto sull’opinione pubblica. La sostanza conta poco: conta generare attesa e poi dimostrarsi decisionisti e volitivi, fare gesti dimostrativi eclatanti.
La crociata dell’economista Brunetta è un esempio da manuale: si indica un male cronico, l’inefficienza della pubblica amministrazione, e se ne addossano tutte le colpe ai “lavativi” che stanno a scaldare le sedie negli uffici, quando non sono in malattia grazie ai certificati di medici compiacenti.
Al grido di “colpiscine uno per educarne cento" che fa tanto propaganda leninista (sic!), si promettono controlli severissimi, giri di vite disciplinari e sulle buste paga nonché azioni esemplari che “raddrizzino la schiena” ai nullafacenti.
Attenzione: si dice anche che non tutti i dipendenti pubblici sono degli scansafatiche, ma intanto si fa partire un messaggio populista che vellica le antiche frustrazioni e la sete di rivalsa dei cittadini.
Così il primo effetto della “Cura Brunetta” è la segnalazione di casi di maleducazione spicciola e di intimidazione verbale nell’approccio tra utenti e dipendenti pubblici.
Tanto per fare due esempi, un medico in servizio in un Pronto Soccorso si è sentito ribattere a muso duro dal ricoverando: “Qui lei fa come dico io, sono io che la pago!”.
Al telefono di un ente pubblico, un utente che chiede informazioni su una pratica esordisce: “Eh, qui a Xxxxxx dormite! Se invece di stare a giocare al computer lavoraste sul serio, non sarei qui a fare questa telefonata...”.
Ma oltre all’immediato ritorno di immagine per Renato Brunetta e per l’esecutivo Berlusconi, qual è l’obiettivo di lungo periodo di questa crociata? Una P.A. finalmente efficiente?
Ne dubito assai, dato che il trend ai tagli di personale e alla non sostituzione per turnover si preannuncia in aumento nei prossimi anni, così come il progressivo taglio agli incentivi legati alla produttività per i dipendenti pubblici (ma non per i dirigenti, sia ben chiaro).
La “Cura Brunetta” non incide sulle vere sacche di inefficienza e di sperpero di risorse nel settore pubblico, tuttavia non è solamente un “mostrare i muscoli”.
A mio parere, si tratta solo dell’antipasto di un programma più vasto che da una parte punta a frantumare l’influenza e il potere di sbarramento dei sindacati, sino a oggi il vero blocco di potere in molti enti statali e del parastato, e dall’altra prepara il terreno a una futura massiccia privatizzazione.
Alla fine, a carico dello Stato e delle Regioni resteranno solo quei servizi che per loro natura non sono ben monetizzabili o che non fruttano rendite di posizione, oppure quelli che, all’opposto, sono troppo importanti ai fini di raccogliere consenso e gestire potere.
“A pensare male si fa peccato, però spesso ci si azzecca”
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sabato, agosto 02, 2008
Bye
Da ieri sera sono iniziate le ferie. Mi sento stralunato come il sopravvissuto a una catastrofe anche per via dell'insonnia che non vuol mollare la presa, però in questo breve intervallo che precede la partenza conto di tornare a una relativa normalità, ammesso che di normalità si possa parlare quando c'è in ballo il sottoscritto. ;-)
Lascio che i momenti di malinconia e di amarezza, piccoli e grandi, di questi ultimi mesi si stacchino dalla superficie del mio quadro. Ce ne saranno altri prossimamente, non dubito, ma occorre spazio bianco per rifiatare, per gustare qualche giorno di pace prima di ricominciare le danze intorno al 25.
A tutti voi (fischia, quasi 1000 visite a luglio, un record per questo blog!) ripeto l'augurio del mio saggio amico piemontese/emiliano: Divertitevi, e fate a modo :-)
Vide-o mare quant'è bello
(Giusto nel caso che un internauta stanco e annoiato passasse di qui in un'oziosa giornata d'agosto...)
Wings of Forgiveness - India.Arie
Cover di The Heart of the Matter - Don Henley
Asphalt Tango Live - Fanfara Ciocärlia
Menea cu voca - Fanfara Ciocärlia
Post Scriptum Potrei affermare che il video qui sotto serve a puntellare il layout del blog che si svirgola, il che sarebbe anche vero.
In realtà, penso che non ci sia modo migliore di ringraziare che regalarvi un sorriso.
A vous, Au revoir.
That's all, folks!
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