sabato, gennaio 30, 2010

 

The storm above us





"Se guardo il tuo cielo,
opera delle tue dita,
la luna e le stelle che tu hai fissate,
che cosa è l'uomo perché te ne ricordi
e il figlio dell'uomo perché te ne prenda cura?
"

(dal Salmo 8)


Dedicato a una persona splendida, di una gentilezza squisita ma anche forte e coraggiosa, che pochi giorni fa ha salutato una figlia che nessun amore, per quanto grande, poteva ancora trattenere su questa terra.

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domenica, gennaio 24, 2010

 

Duri da digerire



Sul finire degli anni ’80 mi capitò di fare un favore a una persona che mi era vicina: garantire alcuni voti - incluso il mio - a un candidato del Partito Socialista Italiano alle elezioni amministrative provinciali.
La richiesta mi risultava indigesta perché non avevo alcuna simpatia per il PSI targato Craxi, ma d’altra parte non potevo rispondere picche a chi mi chiedeva una mano d’aiuto.
Uscendo dal seggio elettorale irritato e con la coscienza politica in rivolta, mi capitò di pensare a un celebre titolo del Manifesto, il ”Non moriremo democristiani” di Luigi Pintor, riadattato per l’occasione in uno sconfortato “Non è che moriremo socialisti?

In quel momento sembrava che niente e nessuno potesse arrestare l’ascesa di Bettino Craxi e della sua corte dei miracoli.
Il PSI attirava come il miele quella fetta di italiani - liberi professionisti, commercianti, stilisti, starlet del cinema e della TV, bancari e burocrati rampanti - che vedevano nel Garofano l’ascensore per la loro scalata sociale, la scorciatoia per ottenere scatti di carriera o concludere affari senza dare tante spiegazioni o dover fare il giro delle sette chiese.
Altri elettori erano semplicemente sedotti dal carisma impetuoso, sprezzante e decisionista di Bettino Craxi: un marziano rispetto alla paludata ipocrisia dei notabili democristiani e al cupo moralismo dei leader comunisti.

L’appetito del PSI, la sua aggressività quando si trattava di mettere le mani sul potere o di reclamare una fetta più grande di torta erano sotto gli occhi di tutti al centro come in periferia. Il partito guidato da Craxi, infatti, non badava a spese e non andava per il sottile pur di piazzare i suoi uomini sulle poltrone da cui si maneggiavano soldi e consenso.
Allora, però, tutto sembrava possibile e ammissibile nell’Italia da bere resa euforica dall’economia che tirava, dopata dal fiume di soldi che usciva dalle casse dello stato, gongolante all’idea di aver sorpassato il Regno Unito in termini di PIL e soddisfatta di acquistare BOT e CCT che rendevano dal 12 al 20% annuo.

targa dedicata a Craxi a MilanoIl faccione sorridente di Bettino che, in uno spot elettorale, porge un garofano rosso al mezzobusto del TG2 Lorenza Foschini è l’emblema di quell’ottimismo socialista di facciata che ancora per poco avrebbe mascherato la realtà di un sistema politico-affaristico andato fuori controllo e quella di un Paese che, senza saperlo, si trovava sull’orlo del suicidio finanziario.

Quando oggi sento nostalgici - autentici e d’occasione - intonare giaculatorie in memoria di Bettino Craxi, laicamente beatificato come statista, martire e titano della storia repubblicana, fremo pensando a quanto ci è costato tirarci fuori dalle secche di un debito pubblico schizzato al 115% sotto il CAF (l’asse Craxi-Andreotti-Forlani), al sacco delle risorse nazionali di cui per anni il leader socialista è stato partecipe e connivente, alle macerie morali che ha lasciato in eredità.

Sulla doppia morale e sul piegare sistematicamente l'interesse generale a quello particolare imparati alla scuola di quel PSI campa di rendita l’attuale maggioranza.
Da questo punto di vista, ahimè, se pure non siamo morti socialisti non è che ci abbiamo guadagnato granché.

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domenica, gennaio 17, 2010

 

Sunday Mixture 01.17.2010



Haiti

Dinanzi alla catastrofe e alla morte di migliaia di persone si resta ammutoliti: qualsiasi discorso fatto dalle nostre comode scrivanie degrada a sterile chiacchiericcio.
Però, a rischio di risultare sgradevole e irrispettoso, su Haiti vorrei fare alcune annotazioni e riflessioni che vanno oltre l’emergenza umanitaria in atto.

Prima di tutto c’è la constatazione che il mondo si ricorda dell’esistenza di Haiti - che molti paiono collocare geograficamente in qualche punto del Pacifico, confondendola con Tahiti - solo in occasione di avvenimenti e notizie di particolare gravità come l’uragano di qualche anno fa, l’assassinio di un cooperante italiano ammazzato per strada da una gang e il terremoto.

Tolte queste occasioni, per le diplomazie e le istituzioni finanziarie internazionali, per i governi dei Paesi vicini e per i mezzi di comunicazione, Haiti è una sorta di ulcera infetta che trasuda miseria, degrado e violenza nel bel mezzo dei Caraibi da cartolina.
Non che nell’area caraibica e dell’America Centromeridionale manchino situazioni di diffusa povertà e di violenza endemica, ma il caso di Haiti è considerato estremo e senza speranza, un buco nero da cui tenersi alla larga e da coprire con un velo di silenzio che sa tanto di cordone sanitario. Sotto questo aspetto, si può dire che Haiti condivida il trattamento riservato a nazioni tormentate e senza particolari risorse strategiche come la Somalia, l’Eritrea e lo Zimbabwe.

Su Haiti sembra infierire una specie di maledizione storica per aver avuto l’ardire di recidere anzitempo il cordone ombelicale con la Francia (1804) senza avere le forze per governarsi autonomamente e per essere diversa, marcatamente più “nera” rispetto a tutte le colonie ed ex colonie spagnole, portoghesi, olandesi, francesi e inglesi.

Negli ultimi 50 anni, dalla dittatura sanguinaria di Papa Doc Duvalier a oggi, il collasso dell’economia, la disorganizzazione e la corruzione dell’apparato statale, la violenza nelle strade, la crescente dipendenza dagli aiuti umanitari e dai servizi gestiti dalle ONG non hanno fatto che alimentare nel mondo l'opinione razzista secondo cui africani e afroamericani sarebbero intrinsecamente incapaci di far funzionare uno stato efficiente.

Se c’è una cosa da sperare nell’ora della tragedia è che gli aiuti che stanno convergendo da tutto il mondo siano coordinati in modo da non alimentare ulteriormente la spirale perversa della dipendenza, ma da sostenere Haiti e gli haitiani nella (ri)costruzione di un futuro che sappia camminare sulle proprie gambe.


Silenzio, parla la TV dell'amore

Malgrado cerchi di tenere da parte i pregiudizi, a mio parere le ultime mosse del gabinetto Berlusconi su televisione e internet mostrano non solo le distorsioni legate al macroscopico conflitto di interessi del Premier e la compiacenza (eufemismo) del governo verso le istanze di alcune lobby, ma anche un indirizzo assai poco rassicurante in tema di libertà di espressione.

In controluce, appare la volontà di togliere ossigeno alla Rete dando un bel giro di vite alla circolazione di materiali audiovisivi e di scritti “scomodi” con la scusa della tutela del copyright e della correttezza delle notizie, così da rendere il web meno appetibile come alternativa alla televisione agli occhi degli utenti e degli investitori pubblicitari.
Per amore o per forza la TV, quella del digitale terreste infestata dal moltiplicarsi di canali utili unicamente ad aumentare gli spazi pubblicitari a vantaggio di una sola holding, deve tornare a regnare.

Il vero obiettivo politico ed economico perseguito da governo e maggioranza è proprio la restaurazione dell'assoluta centralità della televisione, di una comunicazione controllata dall’alto e monodirezionale dove non ci sia spazio per repliche, dissensi e dissonanze non addomesticate.


Just breathe

Come da titolo: respiriamo un po' con la musica, finché si può. Buona settimana a tutti.

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domenica, gennaio 10, 2010

 

Un pizzico di magia



Potremmo discutere di attualità, di costume, di tecnologia o di musica: gli argomenti non difettano certo in questo primissimo spicchietto dell'anno nuovo.
Però mi piace fare diversamente, così inizio questo 2010 con un semplice filmato d'animazione che ha il candore e la magia dei bambini.




Ah, ben ritrovati e buona settimana :-)

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