domenica, novembre 28, 2010
A grey sunday Resume
Radio Mariachi
Avrei voluto ospitare su questo blog un video che è circolato su YouTube a inizio di settimana, contenente la registrazione di un “fondo” mattutino di don Livio Fanzaga, direttore di Radio Maria, che ai microfoni dell’emittente ultracattolica si è dedicato a una colorita parafrasi di un articolo comparso su Avvenire.
Tema del sanguigno monologo/anatema del religioso scolopio, la diabolicità di Fabio Fazio e Roberto Saviano, tacciati di viscerale anticlericarismo e di essere collaboratori del Cornuto per eccellenza nel diffondere la cultura della morte, dell’errore e delle tenebre.
Purtroppo, però, l’Associazione Radio Maria ha (legittimamente) avanzato diritti di copyright sui contenuti e il video non è più disponibile su YouTube.
Peccato, lo consideravo istruttivo come testimonianza del marasma politico/culturale corrente, dove si montano farneticanti casi politico-mediatici sulle pagliuzze e si accettano le travi senza battere ciglio, dove il rispetto per le esperienze e i punti di vista altrui, la sobrietà dei toni e il senso della misura vengono scartati in favore del plateale stracciarsi le vesti, del moralismo d’accatto, della denigrazione e dell’insulto a getto continuo.
Alberto Sordido
“...Io credo che un popolo civile, quale noi siamo, quando si trova davanti a queste situazioni, dovrebbe intervenire e menarli, perché questi capiscono solo di essere menati” - Emilio Fede, 24 novembre 2010, TG4 edizione delle ore 19.
Fosse stato Zelig e non un TG (?) a diffusione nazionale, avrei trovato questa dichiarazione innocua e quasi comica.
Fede me lo ricordo come inviato che compariva in sahariana nei TG in bianco e nero: da allora di anni ne sono passati parecchi. Il nostro è divenuto un personaggio che, a dispetto dell’esperienza, è sempre meno giornalista e sempre più stereotipo imbarazzante, macchietta dell’italiano medio: egolatra, opportunista, servile, mezzano, campione di una morale double-face.
Si può dire che Emilio Fede abbia il discutibile merito di aver trasportato nel mondo dell’informazione-spettacolo le grandi interpretazioni cinematografiche di Alberto Sordi, solo che che il processo d’immedesimazione ha avuto un esito aberrante: l’Alberto Sordido.
LOL
Da I Believe in Advertising due chicche per stemperare l’umore. La prima porta la firma dell’agenzia Reforma di Sofia, Bulgaria, e reclamizza i “servigi” del locale cimitero ortodosso di San Michele. Immaginate una pagina rilassante con il suo color verde pastello e l'aspetto da copertina di quaderno dei primi del secolo scorso.
Al centro, racchiusi in un’elaborata cornicetta, messaggi come “C’è un posto per tutti sotto il sole. Per un posto sottoterra chiamaci!” e “È proprio come nei migliori ristoranti. Dovete prenotare in anticipo”.
Se proprio volete togliervi lo sfizio, trovate un'immagine qui .
La seconda, a cui si riferisce l’eloquente immagine, è una trovata cartografica semplicissima, ma piuttosto buffa nella sua iperbole: un cartoncino per dichiarare al mondo tutto il proprio orgoglio di genitori cui è nato (inequivocabilmente) un maschietto.
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lunedì, novembre 22, 2010
Meditation Mode
Appunto di viaggio
Di ritorno dalla trasferta di 3 giorni e mezzo in Sardegna. Non è andata né meglio né peggio di quanto avessi messo in conto.
Le formalità di legge sono state sbrigate a Cagliari in poco più di 10 minuti, così sono rimaste tante ore vuote in cui mi sono sentito fuori posto, uno spettro evocato per sbaglio, una presenza tollerata solo perché doverosa e dichiaratamente di passaggio.
Forse era destino che dovessi arrivare alla mia non più verde età per gustare il lato ironico e paradossale di un'assoluta première: un pizzico d'imbarazzo fuori standard per chi mi conosce da capo a piedi dalla bellezza di 26 anni. D'altra parte non può essere altrimenti quando le geometrie familiari si svirgolano e si diventa - bon gré mal gré - ospiti temporanei, anomali e ingombranti nell'intimità familiare altrui.
Caso mai fossero rimasti dubbi in proposito, il mondo altrove continua uguale a prima e nulla è più come prima.
Meglio così.
Pessimismo cosmico?
“Provate a farvi un panino con Dante Alighieri” (Giulio Tremonti)
- Il mio è un Paese in asfissia, che ha smesso di interessarsi del futuro preferendo un querulo rimpianto di un benessere sempre più lontano, sempre più mitico
- Il mio Paese mortifica, soffoca, massacra il talento, la cultura, la scienza
- Il mio Paese considera l'istruzione un optional e il sapere un lusso inutile
- Il mio è un Paese che si mantiene spacciando assegni a vuoto alle nuove generazioni
- Il mio Paese langue inchiodato dalla difesa delle rendite di posizione, della più iniqua staticità sociale
- Il mio è un Paese disabituato a pensare, riflettere, inventare
- Il mio Paese ha i vezzi di una brontolona che adora i bugiardi che l’adulano
- Il mio Paese è un analfabeta di ritorno
- Il mio Paese è governato da ciechi che negano al resto del mondo il dono della vista
Nel mio Paese, gli studenti dovrebbero prendere sul serio le immaginifiche metafore di superbi intellettuali come Giulio Tremonti e Renato Brunetta.
Poiché la cultura è notoriamente un companatico che non sazia, i libri di testo - ma anche spartiti, sceneggiature, romanzi, saggi, poesie, elzeviri, quadri, pellicole, CD e DVD multimediali - andrebbero immediatamente conferiti nei termovalorizzatori per contribuire al benessere nazionale e abbattere la bolletta energetica.
Tanto a queste beate latitudini si sprecano il cattivo gusto, la mediocrità esibita con debita fierezza, le sagre della porchetta e i coloriti riti pseudo-celtici: basta sapersi accontentare.
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domenica, novembre 14, 2010
Mid-November Resume 11.14.2010
Dialogo tra sordi
«Noi abbiamo il diritto di controllare la nostra vita secondo la nostra religione, non secondo la vostra. Del resto, voi non avete religione, siete laici. Voi non vivete come esseri umani, non vivete neanche come animali, accettate l'omosessualità. E avete il coraggio di criticarci?
Noi siamo quelli che rispettano e onorano le donne. Voi usate le donne come animali. Una donna da voi ha un marito e centinaia di migliaia di amanti. Dato il modo in cui rispettate le donne, non sapete mai chi è il padre dei vostri figli.
Noi vi capiamo molto bene: siete gente miserabile, moralmente miserabile. Non avete il diritto di criticarci per quel che siamo.»
Mahmoud Al-Zahar, co-fondatore, portavoce e leader della prima ora di Hamas, nonché attuale “ministro degli affari esteri” di Gaza, a un giornalista dell’agenzia Reuters.
Parole dure, volutamente offensive, che grondano intolleranza, commiserazione e profondo disprezzo, ma soprattutto rancore e spirito di rivalsa.
Difficile non provare un moto d’ira dinanzi a cotanta ostentazione di cafoneria, astio e ignoranza. Chi diavolo crede di essere questo mentecatto che si permette di bollare come subumano - addirittura più infimo di quello delle bestie - il nostro stile di vita e dipingerci tutti come depravati figli di padre incerto? Verrebbe da consigliargli di essere meno assiduo nel frequentare youporn per “acculturarsi” sui costumi occidentali, di mangiare leggero la sera e di darsi a letture meno allucinogene.
Tuttavia, rispondere per le rime a una volgare provocazione vorrebbe dire scendere allo stesso livello di chi l’ha pronunciata.
In secondo luogo, qualsiasi dialogo è utile nella misura in cui da entrambe le parti si è disposti ad ascoltare e a fare a meno di termini altisonanti, ma da tempo insozzati di violenza, sangue, affari e ipocrisia come “democrazia”, “moralità”, “identità” e “religione”.
Con Hamas, che non è altro che un clan sanguinario che usa lo schermo del fondamentalismo per vivere di rendita sulle disgrazie di un milione e mezzo di poveracci rinchiusi in una prigione senza sbarre, queste condizioni semplicemente non sussistono, anche perché, detto con rude franchezza, di Gaza non ce ne frega nulla.
Non ci sono interessi strategici (leggi giacimenti di idrocarburi o altre materie prime pregiate) che ci spingano a mettere sul piatto qualcosa di concreto e di meglio di un risicato e aleatorio baratto tra un po’ di assistenzialismo e la fine dei razzi e degli attentati in territorio israeliano.
Infine, a ben vedere, le dichiarazioni del portavoce di Hamas suonano sinistramente familiari. Sì, ricordano il tono intollerante caro a certe frange estreme del tradizionalismo vetero-cattolico di casa nostra, con la differenza che quest’ultimo non ha né il seguito né il potere di imporre con i kalashnikov la salvifica correzione dei nostri costumi dissoluti.
Palco Osceno
Sono andato a rileggere ciò che scrivevo su un forum tra il 2005 e il 2006 in merito alla situazione politica ed economica nazionale e ne ho tratto la conferma di una sensazione claustrofobica ricorrente in queste ultime settimane, ovverosia che in Italia il tempo si sia riavvolto su se stesso perché si ripeta, con minime varianti, lo stesso scadente psicodramma.
Allora come oggi l’esecutivo guidato da Silvio Berlusconi, pur godendo di una maggioranza blindata nei due rami del parlamento, aveva consumato buona parte della legislatura per portare a casa leggi ad personam o pro sodalibus e si era distinto come “governo delle grandi riforme annunciate”.
Allora come oggi, Giulio Tremonti teneva strette le chiavi della cassa e si barcamenava tra indecenti sanatorie, condoni tombali, sadiche sforbiciate ai trasferimenti agli enti pubblici e annunci che i conti erano sotto controllo, salvo poi essere messo spalle al muro e sacrificato a causa della disastrosa situazione del disavanzo pubblico.
Allora come oggi si biasimava l’ostinata azione di disturbo di un ingrato piantagrane, di una “serpe in seno”: allora era Marco Follini, oggi è Gianfranco Fini.
Allora come oggi mi scontravo con utenti dalle scoperte simpatie per il centrodestra che erano smagati, frustrati e imbarazzati, ma fermi nella convinzione che la manifesta inadeguatezza dell’esecutivo Berlusconi fosse da imputare all’opposizione, alla magistratura e all’inquilino del Quirinale che, avendo in odio il Premier, lo assillavano al punto di impedirgli di governare.
Già, nulla sembra essere cambiato negli ultimi cinque anni tranne il quadro economico generale, che si è drammaticamente deteriorato; tranne l’istruzione, la ricerca scientifica, i beni culturali, la politica industriale, la messa in sicurezza del territorio e i servizi al cittadino, tutti con un vistoso segno meno; tranne la povertà e le diseguaglianze sociali, che sono in crescita, e - ultimo, ma non ultimo - il grottesco squallore che avvolge le dorate stanze di Cesare.
Vogliamo scommettere che tutto questo non basterà a farci uscire una volta per tutte dalla trappola del tempo immobile?
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