domenica, novembre 30, 2008
Caos calmo
Poche parole pronunciate al telefono m'investono e mi scuotono come una folata di maestrale.
il cambiamento si è annunciato così: non ha bussato alla porta, l'ha sfondata.
Etichette: black hole
sabato, novembre 29, 2008
Non mordo... o sì?
Con quella faccia un po' così...
A una dozzina d'anni di distanza dall'ultima volta, questo pomeriggio sono sceso in piazza e ho sfilato in uno dei tre tronconi della manifestazione organizzata a Milano contro la pseudo-riforma Gelmini.
Non conoscevo nessuno a parte l'amica chi mi aveva invitato e che era impegnata con l'organizzazione, per cui sono stato libero di spostarmi a piacimento lungo il serpentone di un migliaio o forse più di persone tra genitori con figli al seguito, insegnanti, ricercatori, sindacalisti e varia umanità che si snodava lungo Corso Buenos Aires.
Sarà stata la presenza dei bambini o il fatto che i manifestanti erano in larga maggioranza persone adulte e responsabili, ma tutto si è svolto in modo pacifico, senza tensione, incidenti o provocazioni sino all'arrivo in piazza Duomo, dove la manifestazione si è sciolta spontaneamente a causa della pioggia diventata fitta.
La cosa più insolita e curiosa è stata sentirmi osservato. Dovevo apparire particolarmente arcigno con la pipa piantata all'angolo della bocca e un cartello satirico appeso al collo, visto che i bimbi sgranavano gli occhi e correvano a rifugiarsi dalle mamme, i passanti si fermavano a guardarmi e che in vita mia non sono mai stato fotografato come questo pomeriggio.=)
Bad Day
Ultimamente ho riscoperto una canzone che sembra scritta apposta per farmi compagnia quando le giornate girano storte o in certe serate malinconiche.
Non è un capolavoro: è solo onesto rock fine anni '90 che si lascia ascoltare e ti resta dentro come il gusto del caffè a mezza mattina.
Etichette: copy e dintorni, Milano, musica, Politica
venerdì, novembre 28, 2008
Prima neve
martedì, novembre 25, 2008
Parole in dono
So che le parole che seguono hanno un sapore tra l'abboccato e il new age.
"La vita è l'arte dell'incontro", scriveva Vinicius De Moraes, ma è anche costellata di distacchi, contrasti, incomprensioni, scelte, persone che non hanno mai dubbi sulla strada da prendere e altre che a ogni bivio indugiano sino a estenuarsi.
La vita è fatta di parole di benvenuto e di lacrime silenziose.
Sino a non molto tempo fa tacevo a lungo. Ascoltavo tutti, però m'intestardivo ad avere l'ultima parola, quasi mai a ragione. A volte, tuttavia, saper tacere è necessario, come quando le parole sono state consumate sino all'ultimo insulto e vaticinio di sventura: "Morirai solo". Ti ringrazio, Pandora che fosti amica diletta, ma non è questo che temo, non oggi almeno, perché anche in un'ecatombe ognuno fa l'ultimo viaggio in solitudine.
Anche il distacco è un'arte. Disgraziatamente non sono stato a scuola dagli stoici, per cui in simili frangenti l'istinto e una natura permalosa mi portano piuttosto a scuotere la polvere dai calzari. Ameya, però, mi ha regalato questo frammento di serenità e qui lo depongo in dono a chi vorrà leggere.
Se ami saprai che tutto inizia e tutto finisce e che c'è un momento per l'inizio e un momento per la fine e questo non crea una ferita. Non rimani ferito, sai che quella stagione è finita.
Non ti disperi, riesci a comprendere e ringrazi l'altro: “Mi hai dato tanti bei doni, mi hai donato nuove visioni della vita, hai aperto finestre nuove che non avrei mai scoperto da solo. Adesso è arrivato il momento di separarci, le nostre strade si dividono”. Non con rabbia, non con risentimento, senza lamentele e con infinita gratitudine, con grande amore, con il cuore colmo di riconoscenza.
Se sai come amare, saprai come separarti.
OSHO
Etichette: amicizia, Nightshift, The Smoking Pipe
domenica, novembre 23, 2008
Sunday Resume 11.23
Bitter fruits
Il fine settimana mi ha portato in dono frutti asprigni: l'appendice piuttosto banale, confusa e malmostosa che ha archiviato definitivamente la storia di un'amicizia tra le più belle, straordinarie e intense che abbia mai vissuto e la persistente sensazione di essere un relitto di me stesso, un "vuoto a perdere" da troppo tempo abbandonato in balia delle correnti.
A volte, però, sembra davvero che si possa formulare una domanda e che la vita risponda. Nel mio caso, una risposta è arrivata stamattina leggendo il blog di Stefania (Fronesis) sotto forma di questo post.
Le forbici sui social network?
Si annunciano tempi duri per gli utenti italiani dei social network (Facebook, Twitter, MySpace ecc.).
In ritardo rispetto ad altri Paesi, aziende, scuole e pubblica amministrazione stanno iniziando a prendere provvedimenti bloccando l'accesso a questi network, considerati una distrazione inopportuna e costosa.
Il filtro non è invalicabile, tant'è che ogni giorno su internet spuntano come funghi nuovi servizi di web proxy, e anche se sembra un esempio del chiudere la stalla quando i buoi sono scappati, non è una soluzione del tutto priva di buonsenso: voi che ne pensate?
Son tutte belle le mamme del mondo...
In questi giorni negli USA è in corso il processo contro Lori Drew, una donna del Missouri accusata di aver indotto al suicidio la tredicenne Megan Meier, che abitava nel vicinato, utilizzando una forma di cyberbullismo in concorso con la figlia e un'amica di quest'ultima.
In pratica, dopo un banale bisticcio tra la futura vittima e sua figlia, la signora Drew avrebbe architettato una perfida vendetta: ha creato una falsa identità su MySpace spacciandosi per un sedicenne appena arrivato in una cittadina poco distante e ha preso contatto con Megan.
La crudele burattinaia avrebbe portato avanti il gioco facendo sì che tra la povera Megan e il falso adolescente sbocciasse una tenera storia virtuale e poi, di colpo, ha cambiato tono iniziando a inviare messaggi insultanti e derisori sino all'ultimo e fatale "il mondo sarebbe un posto migliore se tu sparissi per sempre".
Poche ore dopo, Megan Meier è stata trovata impiccata nel sottotetto di casa.
E che dire di quella madre del West Virginia (USA) che con una sigaretta accesa ha "tatuato" sul collo della figlia, di appena 6 anni, la parola WIMP (timido, imbranato) perché stufa di vederla tornare a casa in lacrime a causa delle vessazioni e degli scherzi cui era sottoposta da parte dei compagni di scuola?
I'm lovin'it
Dopo il pieno di brutture, ecco una notiziola pepata che sembra fatta apposta per far sorridere, anche se ci sarebbe di che preoccuparsi.
Una signora americana in vena di affettuosità invia alcune sue foto - tra cui alcune senza veli - dal suo cellulare a quello del maritino. Purtroppo, il coniuge è sbadato e dimentica il telefonino in un McDonald's.
Accortosi del fatto, il marito chiama prontamente il fast food per avvertire e viene rassicurato: il cellulare è stato recuperato ed è tenuto in custodia.
Fine della storia? Niente affatto, perché "misteriosamente" le foto discinte iniziano a circolare in rete e sul telefonino della malcapitata signora piovono SMS pieni di oscenità, proposte indecenti e apprezzamenti scurrili.
Ora i coniugi hanno citato in giudizio la catena McDonald's chiedendo un risarcimento di 3 milioni di dollari per danni morali.
Buona settimana a tutti.
Etichette: frattaglie di me, it's a fools' world, Passatempo, tecnofollie
venerdì, novembre 21, 2008
As time goes by
Non puoi riportare indietro l'orologio della vita quando ti accorgi di aver usato male il tuo tempo perdendo qualcosa d'importante.
Non puoi chiedere al maiale di suonare il violino o fare il merletto.
Non puoi pretendere rispetto, presenza e amicizia senza essere disposto a darne.
Etichette: amicizia, frattaglie di me, Nightshift, Ricordi
lunedì, novembre 17, 2008
Cavalleria rustica
Qualche giorno fa sono andato vicino - del tutto involontariamente - all’incidente diplomatico.
Avevo scovato su YouTube due file relativi al repertorio di Giulio Manera, nome d’arte di un cabarettista cagliaritano che nella seconda metà degli anni ‘70 aveva riscosso un certo successo sul mercato discografico isolano con un paio di 45 Giri che mescolavano umorismo popolano e robusta inclinazione al trash: in breve, materiale d’archivio ancora godibile, ma non proprio per palati fini.
Ho prontamente girato i link, con tanto di commento a tinte "vivaci", a un’amica - cagliaritana verace - pensando di sorprenderla e di farle fare due grasse risate prima di pranzo.
A stretto giro di posta mi è arrivata la replica: Giulio Manera per lei non era affatto un artista sconosciuto, anzi per la precisione era suo zio acquisito.
Stavo per iniziare la rotazione elicoidale “ a trivella” per sprofondare sotto il pavimento quando ho compreso che la mia corrispondente non se l’era presa troppo a male, semmai era stupita che qualcuno a distanza di tanto tempo ricordasse ancora le prodezze canore del congiunto.
Morale della favola: “come pestare un c’era una volta un cane e sopravvivere”.
A ogni buon conto, per darvi modo di apprezzare il filone umoristico-canterino che da decenni fa ridere i sardi, solitamente così ombrosi quando qualcuno si permette di fare la caricatura del loro piccolo mondo, ho scelto il maestro assoluto di questo particolarissimo genere: Benito Urgu, un artista completo e una sagoma irresistibile dal vivo.
Il primo reperto è Sexy Fonni (1976), gustosa parodia agropastorale di “Je t’aime, moi non plus” e di altri dischi a sfondo sexy/orgasmico/trasgressivo in voga nei primi anni ‘70...
La seconda chicca, beh, non è una canzone, bensì è una delirante intervista incrociata con l’ex calciatore Gianfranco Zola, dove emerge tutto il meglio (e il peggio) dell’umorismo di Benito Urgu.
Enjoy! (si vous voulez) :D
Etichette: musica e spettacoli, Ricordi, Sardegna
domenica, novembre 16, 2008
C'è libertà e libertà
“Scusi, cos’è che sta pagando?”
“L’Unità...aspetti ... aehm...ecco, la vede? È diventata così piccola...”
Battute di spirito a parte, Concita De Gregorio ha firmato sul numero di venerdì dell'Unità un editoriale misurato e nel contempo incisivo intitolato “C’è libertà e libertà” a commento di due sentenze molto attese: quella della Corte di Cassazione sul caso di Eluana Englaro e la pronuncia in primo grado su quanto accadde nella scuola Diaz di Genova al termine del G8, sette anni fa.
Ci sarebbe tanto da scrivere su entrambe le vicende, ma il mio punto di vista l'ho espresso nei mesi scorsi, onde per cui non mi sembra il caso di concedere bis non richiesti.
Davvero è il caso di dire che c'è libertà e libertà, perché le due sentenze non potevano essere di segno più discordante.
Se la decisione della Cassazione sul destino prossimo della povera Eluana Englaro, infatti, è un insperato punto a favore sulla tenuta di uno dei cardini del nostro ordinamento giuridico, l'autonomia della giustizia e del potere giudicante esercitato dalla magistratura rispetto alle pressioni esercitate da poteri concorrenti, non altrettanto si può dire per la sentenza sui fatti di Genova del luglio 2001.
Giustizia non è stata fatta, perché se è vero che la responsabilità penale è personale, la ricostruzione secondo cui quella notte a Genova i nuclei operativi della Polizia di Stato agirono di testa loro, senza informare né aver ottenuto "disco verde" dai loro superiori nella catena di comando, è palesemente monca e priva di credibilità.
Per chi in quei giorni era a Genova e per la memoria di tutti lascio i link a tre spezzoni della diretta di Radio Popolare/Popolare Network di quel drammatico sabato notte del 2001 messi a disposizione sul sito dell'emittente.
Credetemi, sono testimonianze audio che meritano di essere ascoltate.
Questa sera il controllo è un po' più forte
Ci stanno assaltando
Comportamento da stato sudamericano
Etichette: Politica, The Smoking Pipe, vita e oltre la vita
mercoledì, novembre 12, 2008
Cose che capitano
Tapiro di ghisa
“Devo dirti una cosa” esordisce Anna, la Junior Copy, non appena siedo alla scrivania di ritorno da un evento in centro.
Potrebbe non aggiungere altro perché a quel punto so già cosa sta per dire: se ne va, ha trovato un altro lavoro. È così, ha vinto un concorso regionale e prenderà servizio ai primi di dicembre.
Sono felice per lei, ci mancherebbe altro, però dentro sento crescere una gran tristezza perché mi sono affezionato a questa ragazza posata e riflessiva, ma anche capace di scherzare (vedi la gag nel post "Corto circuito") e di sopportare senza scomporsi i miei modi bruschi, gli scatti d’umore e il turpiloquio cui mi lascio andare quando ho la luna di traverso, oltre ad affiancarmi nello smazzare il carico di lavoro.
Non penso minimamente alle conseguenze lavorative, al fatto che dovrò nuovamente mettermi a vagliare curriculum, fissare appuntamenti e selezionare un nuovo collaboratore.
In 16 anni di lavoro posso dire di avere fatto il callo al turnover, tuttavia forse per la prima volta mi sento attapirato come uno zio che veda la nipotina prediletta lasciare casa per andare sposa.
Stile e dintorni
Francesca, una mia ex collega, è una persona squisita con cui sono rimasto in cordiali rapporti.
Dotata dello charme e della naturale eleganza delle autentiche signore dell’alta borghesia, Francesca cela dietro l’inappuntabile cortesia e il sorriso cordiale un coraggio e una tempra che le hanno permesso di superare traversie che avrebbero steso una mandria di tori.
Da qualche tempo Francesca si dedica alla sua ultima iniziativa: Stile e Dintorni, un web magazine nel quale raccoglie, seleziona e segnala prodotti, accessori, curiosità e iniziative che a suo giudizio meritano di essere integrati nel personal lifestyle.
Francesca non è la sola a curare un sito internet che propone spunti, idee e tendenze, ma Stile e Dintorni ha la sua impronta in quella leggerezza e quel garbo nel porgere le informazioni senza imporre, strillare o mettersi in cattedra.
A volte, davvero, lo stile È la persona.
Etichette: amicizia, copy e dintorni, vita da blogger
domenica, novembre 09, 2008
Sunday Resume 11.09 edition
Segnaletica corrente (senza commenti)
Un gioco mortale
Un adolescente come tanti, una storia come mille altre resa amara da un epilogo che fa riflettere senza necessariamente volerne trarre giudizi morali.
Protagonista della vicenda è Brandon Crisp, un quindicenne di Barrie (Ontario, Canada) allontanatosi di casa il 13 ottobre scorso dopo un litigio con i genitori, “rei” di avergli sequestrato la console Xbox.
Il padre era ricorso a quella soluzione drastica allarmato dall’eccessivo coinvolgimento di Brandon nelle sessioni multiplayer di Call of Duty 4: Modern Warfare, un videogioco “shoot’em all” di notevole successo (10 milioni di copie vendute a giugno 2008), classificato per giocatori maturi (M).
A detta dei genitori e di altri conoscenti, Brandon aveva sviluppato una vera e propria dipendenza dal videogioco, al punto di marinare la scuola, trascurare lo studio e dare segni di instabilità emotiva.
Per quasi un mese, le ricerche del ragazzo hanno coinvolto polizia, volontari, media, gruppi in Rete e persino Microsoft, produttore della Xbox, che ha contribuito a elevare a 50.000 Dollari canadesi la ricompensa a chi avesse fornito notizie utili al ritrovamento.
La speranza di un lieto fine si è spenta definitivamente mercoledì scorso, quando alcuni cacciatori di cervi si sono imbattuti nei poveri resti di Brandon in una zona coperta da una fitta boscaglia a qualche km dal luogo dove due settimane prima era stata recuperata la bicicletta del ragazzo. Dai primi riscontri, parebbe che lo sfortunato teenager sia morto dopo essere precipitato da un albero su cui si era arrampicato probabilmente per sfuggire alle ricerche.
A quindici anni si può morire per una stupidaggine o un videogioco negato perché tutto ciò che desideri o ti tocca sembra così drammaticamente serio e importante.
A quindici anni la morte è un pensiero remoto, è qualcosa che non ti riguarda, e quando lei si presenta all’improvviso, senza che tu l'abbia cercata o convocata, svanisci inghiottito in un nero gorgo di attonito stupore.
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giovedì, novembre 06, 2008
Resume (Thursday Edition)
Obamarama
Non ti leggerò le stelle nel vino perché questi sono i giorni della festa e del riposo dopo tanta fatica.
Ti auguro coraggio, spalle robuste e fortuna, ché di buona sorte e dello scudo di amici fidati avrai molto bisogno nell’ora delle scelte difficili.
Che l’invidia dei mediocri non ti sfiori, l’adulazione non possa insudiciarti con la sua bava e l’ebbrezza del potere non arrivi mai a guastarti, uomo.
Il respiro del drago
Spigolature di notizie per geek e internettiani incalliti.
Iniziamo con Wired. Il mensile americano di nuove tecnologie che a metà degli anni ‘90 era diventato l’arbitro che decretava cosa fosse wired e cosa tired nell’effervescente mondo dell’Information Technology, avrà la sua edizione italiana a partire da febbraio 2009.
La domanda è se questo innesto voluto da Conde Nast non arrivi fuori tempo massimo in un Paese che di suo è assai poco tecnofilo e dove i periodici cartacei di qualità vivono esistenze risicate, sempre a un passo dalla bombola dell’ossigeno.
Auguri a Riccardo Luna, direttore già al lavoro sul nascituro Wired italiano.
Due buone notizie per i sempre più numerosi supporter del draghetto Mozilla.
La prima è che il browser Firefox ha raggiunto una quota di diffusione mondiale del 20%.
In altre parole, oggi 1 utente su 5 usa Firefox per navigare in Internet. In Europa, poi, la diffusione di Firefox e dei suoi “cugini” è superiore alla media, attestandosi intorno al 30%.
Visto che siamo in argomento, completiamo il quadro del mercato dando il resto dei numeri.
Chrome, il browser creato da Google, al momento è accreditato dello 0,74%, l’ottimo e sottovalutato Opera è appena una frazione più in alto (0,75%), mentre Safari staziona al 6,70%.
La rincorsa al moloch Internet Explorer si prospetta ancora lunga e faticosa. Microsoft, infatti, ha in cassaforte oltre il 70% del mercato mondiale dei browser.
la seconda notizia ha un retrogusto amarognolo e riguarda Eudora.
La software house Qualcomm getta la spugna, sospende lo sviluppo dello storico client di posta elettronica - un tempo molto apprezzato e diffuso - e ne cede i diritti alla Mozilla Foundation.
A quanto è dato sapere, Eudora è destinata a rinascere con il nuovo nome di Penelope.
Dedicato
Angels with silver wings
shouldn't know suffering
I wish I could take the pain for you
If God has a master plan
that only He understands
I hope it's your eyes He's seeing through.
Depeche Mode - Precious
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martedì, novembre 04, 2008
Sogni loschi e maldestri
Non mi capita spesso di ricordare ciò che sogno. Questo trionfo onirico fa eccezione, ed è stato sopra la media per lunghezza, articolazione e ricchezza di dettagli inverosimili.
Se qualcuno ne cava un'interpretazione vagamente logica, avrà la mia personale gratitudine.
Da qualche tempo lavoro con/per Mr.X. A suo modo, lui è un dannato genio della comunicazione, ma è anche un insopportabile, lunatico, borioso S.O.B, un mammasantissima autoritario, dotato di ottime entrature e di tanto pelo sullo stomaco.
Nel suo atelier, piccolo ma ben quotato, mi occupo prevalentemente di progetti per la clientela Food e Retail: sotto questo profilo, il boss è qualcuno da cui posso imparare un sacco di cose.
Stamattina, però, in ufficio tira aria di tempesta. Vedo uno dei collaboratori di lungo corso entrare rabbuiato nella stanza del boss e subito dopo, dalla porta chiusa, filtrano urla disumane e improperi a getto continuo.
Ho chiesto anch’io udienza: il mio turno viene dopo il malcapitato che ha appena ricevuto un cazziatone da levare la pelle. So che dovrei accampare una scusa qualsiasi per evitare lo scontro frontale in un frangente così poco opportuno.
Invece, squaderno asciuttamente le mie ragioni: “Se crede che riuscirò a mettere insieme le informazioni che non mi ha passato, creare dal nulla una brochure di vendita e inviare l'esecutivo entro la scadenza impossibile che ha concordato con il cliente, ha sbagliato indirizzo”.
Lui solleva lo sguardo dai fogli che finge di consultare e, paonazzo in viso, ringhia: “Ah, se la metti su questo tono sai che c’è? sei licenziato. Ti voglio fuori da questa agenzia entro un’ora al massimo. Li-cen-ziato con effetto immediato, hai afferrato il concetto? E ora va' fuori dai [beep!]!!”.
Riesco a racimolare un filo di voce per ribattere dignitosamente: “Se è questo che vuole, per me non è un problema accontentarla. Sappia, però, che esigo i soldi che mi spettano fino all’ultimo centesimo. Questo è tutto”.
Esco tramortito dal sancta sanctorum. La consapevolezza di essere diventato di colpo un disoccupato pieno di problemi concreti e urgentissimi m'investe come una doccia gelata mentre raccatto le mie quattro carabattole dalla scrivania e infilo la porta.
La scena cambia di colpo: sono a un ricevimento.
Mi sento a disagio: so di non avere alcun titolo per essere in quel luogo, che mi sono imbucato senza riflettere, rischiando di essere svergognato all’accredito se il mio ex-boss avrà già inviato qualcuno al mio posto. A tavola si conversa indifferentemente in italiano e in inglese. L’atmosfera è chic, ma quanto meno i commensali sembrano affabili.
Con mia grande sorpresa, di fronte a me trovo seduta C., il mio primo amore che non vedo dai tempi del ginnasio: evidentemente nel frattempo si è accasata molto bene.
Si finisce per parlare degli argomenti di cui fino a qualche ora prima mi occupavo per lavoro e un mio intervento in materia ha l’effetto di impressionare favorevolmente un’anziana signora che, a fine pranzo, mi prende in disparte. Va a finire che quest’ultima mi lascia un indirizzo assicurandomi che troverò qualcuno disposto a farmi un’offerta di lavoro più che adeguata.
Non credo ancora a un simile colpo di [beep!]. D’altra parte, però, non ho nulla da perdere a fare un tentativo.
Altro cambio di scena.
Mi trovo nel pieno di un party all'aperto che somiglia a un set cinematografico di Bollywood.
Una folla variopinta, infatti, si aggira e si agita all'intermo di un vasto parco al suono della disco music Made in India.
Qualcuno alle mie spalle mi domanda quanto intendo chiedere come compenso. Ragiono a bassa voce e sto per fare una richiesta economica che mi pare ragionevole. Due indiani di fronte a me, però, scuotono il capo e si sbracciano vistosamente per farmi capire che la cifra che ho appena mormorato è ridicola e che posso, anzi devo chiedere molto di più.
Mi giro e vedo i grandi capi che aspettano una risposta seduti a bordo di una Mercedes. Sparo, perciò, una cifra da capogiro (per i miei standard). I grandi capi non battono ciglio, anzi quello al volante allunga il braccio e mi stringe brevemente la mano.
Non credo ai miei occhi: è andata!!
Potrei mischiarmi ai figuranti che danzano poco distante per quanto mi sento al settimo cielo. Non mi domando neanche come mai al posto dei calzoni indosso un bizzarro e vistoso pareo arancione.
Un'elegante giovane signora che avevo notato al ricevimento mi ha adocchiato e ora si avvicina con evidentissime intenzioni di socializzare. Per farla breve, sembra che la giornata già trasformatasi da disastro epocale in evento glorioso prenda un'ulteriore, imprevedibile piega... ahem... piccante.
La tizia non mi molla un attimo, mi riempie di complimenti e si dimostra un’autentica piovra.
Intuisco che la mia interlocutrice ha avuto un ruolo importante nel farmi trovare già srotolato il tappeto rosso, per cui sarebbe un errore madornale mettermela contro ancor prima di iniziare. Mi torna in mente che nell’Antico Testamento si narra di un tale di nome Giuseppe che, per aver rifiutato le attenzioni della moglie dell’egizio Putifarre, era stato sbattuto in galera con l'allegra prospettiva di essere giustiziato.
Finiamo in uno dei locali dell’azienda e la situazione si fa tanto bollente quanto confusa e imbarazzante. Nella stanza, infatti, c’è un continuo viavai senza alcuna discrezione, malgrado i “lavori in corso”.
Una dei tanti passanti si ferma a reclamare come suo il pareo che ho ancora precariamente addosso. Non so proprio come farò a tornare a casa inosservato, visto che sotto il pareo non porto neanche gli slip, tuttavia consegno ugualmente l’indumento senza tante discussioni.
Sorvolando su altri dettagli tra il delirante e il boccaccesco, viene il momento di uscire. Trattandosi di una situazione onirica, non esiste che si passi per una comunissima porta.
Eccomi, perciò, impegnato a calarmi da un terrazzino con le chiappe e il batacchio al vento.
Ho deciso: per oggi ne ho abbastanza di emozioni forti, per cui tutto ciò che voglio è sganciarmi dall’occasionale compagna d’avventure e raggiungere casa per rifiatare.
Lei e una sua sodale prendono a sinistra, io punto a destra filandomela all’ombra magra delle siepi che crescono ai bordi del viale. Avanzo fingendo disinvoltura mentre allaccio le maniche della camicia ai fianchi per ottenere una specie di goffo kilt sui generis.
Quando penso che il peggio sia passato, ecco che ritrovo lei davanti al portone di casa. Non chiedetemi come e perché, ma mi ha preceduto prendendo uno strano natante: lo vedo ormeggiato in porto che pare una balena spiaggiata. Questo dettaglio inverosimile mi fa capire che mi trovo a Cagliari e non a Milano.
“Cosa stavi sognando di fare?” mi fa lei...
Qualcuno mi sta scuotendo gentilmente, ma con fermezza.
«M., M., svegliati! È tardissimo!... Si può sapere cosa stavi sognando?»
«Uh?... Cosa? Che?? Porco mondo, ma è tardissimo!!!»
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lunedì, novembre 03, 2008
Roba da conigli mannari
Sono rientrato da una toccata-e-fuga in un autunno sardo che aveva ancora parecchio dell’estate nei colori e nell'aria.
Mi è costato parecchio non prolungare ulteriormente la permanenza sull’isola, anche perché gli arrivederci non sono mai stati il pezzo forte del mio repertorio.
Sorvolando la Sardegna in una notte stellata ho visto sfilare sotto di me le luci dei paesi da una costa all’altra e, dinanzi a tale spettacolo, ho provato un sentimento inconsueto, a metà tra l’incanto, la nostalgia e l’invidia.
Per fortuna non era notte di luna piena, altrimenti non so se ce l'avrei fatta a trattenere l'ululato da autentico coniglio mannaro sardo.
Ok, è tempo di riallacciare le cinture perché si ricomincia.
Buona settimana a tutti.
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